Vorrei oggi segnalare un ottimo magazine online, “l’accento di socrate rivista di cultura filosofica”, curato da Maria Giovanna Farina filosofa e analista della comunicazione, Giuliana Pedroli esperta di comunicazione e Max Bonfanti filosofo analista.
Di cosa si occupa l’accento di Socrate?
“L’accento di Socrate riconosce l'importanza della filosofia nella vita quotidiana. Il nostro interesse è rivolto a quella occidentale che trae le sue origini dalla cultura greca dell'antica Atene di cui Socrate, figlio di uno scultore e di una levatrice, è il simbolo. Prendendo le mosse dalla continua ricerca socratica, desideriamo andare oltre ed intraprendere un cammino che sappia condurci verso tutti quei luoghi dove il pensare produttivo ha mostrato, e mostra, il suo volto migliore.
A cosa serve la filosofia? Il suo compito principale è quello di farci uscire dal nostro piccolo mondo individuale per espanderci, incontrare gli altri ed instaurare buone relazioni.
Il bisogno di “condividere incontrando” fonda questa rivista, ci ritroviamo tra queste pagine per avviare un confronto e uno scambio, un vero e proprio laboratorio, dal quale uscirne tutti più ricchi perché siamo convinti che si possa conoscere il mondo solo scrutandolo da punti di osservazione differenti. I filosofi possono sembrare qui i privilegiati, chiamati a mostrare e a dimostrare quanto la madre di tutte le scienze, la filosofia appunto, possa aiutare a raggiungere un buon equilibro tra mente e corpo, individuo e gruppo, ma essi non saranno i soli ad esprimersi ed il primo numero è già una dimostrazione.
Il confronto non rimarrà tra gli addetti ai lavori, desideriamo instaurare un rapporto di collaborazione offrendo a chi vorrà leggerci l’opportunità di scrivere, oltre alle loro idee, anche storie personali e autobiografiche. Nei prossimi numeri ci sarà ad esempio uno spazio dedicato ai poeti e ai pittori, celebri e non celebri, ai tanti “artisti della strada” che scrivono versi o colorano tele per esprimere i moti segreti dell'anima.
L'accento di Socrate muove i suoi primi passi in compagnia di chi ha già fatto della condivisione produttiva il proprio stile di vita.”
Leggendo tra i vari articoli del magazine vorrei segnalare l’interessante riflessione di Duccio Demetrio, professore ordinario di Filosofia dell'educazione e di Teorie e pratiche della narrazione all'Università degli studi di Milano-Bicocca, dal titolo:
VIVERE CON FILOSOFIA
Possiamo imparare a vivere con filosofia, per la filosofia e attraverso la filosofia. La prima dizione potrebbe esporsi a qualche fraintendimento, se quel “con” indicasse soltanto un luogo comune, un pregiudizio. Per altro, ben lontano dall’estinguersi. Secondo il quale, filosofi e filosofe sarebbero individui distaccati, lontani dalle preoccupazioni del mondo, pacificati, autosufficienti, imperturbabili, dotati di un’ironia sprezzante e altezzosa (evenienza per altro purtroppo possibile).
Soltanto intenti a preoccuparsi delle loro metafisiche fantasticherie ed elucubrazioni: ora nei salotti, ora nelle loro Torri d’avorio. Come se la filosofia potesse risolvere tutti i problemi, darci la felicità, aiutarci a ben vivere e a stare meglio, a patto che la si coltivi e frequenti come una sorta di lenitivo e di farmaco dell’anima. Mentre il fascino del filosofare, per lo meno a mio modo di vedere, è di altra natura. Il dedicarsi a quest’arte del pensiero, del dubbio, della riflessione (con le sue tecniche, i suoi lessici, una storia di ricerca infinita alle spalle) ben si adatta invece agli spiriti inquieti; a chi preferisce cercare e trovare nuove domande, piuttosto che qualche comoda, anche sofisticata, soluzione.
Chi si riconosce nell’insofferenza verso il fin troppo scontato, nel continuo ricercare, nell’accettare di non aver paura di sfidare il consueto, non perché nevrotico, ma perché trascinato dalla passione di conoscere e di conoscersi, è dunque già filosofo (di “strada”, dilettante, curioso perdigiorno) spesso a sua insaputa. Appartiene ad una corrente, anche autorevole quando rovistiamo tra le pagine della storia della filosofia contemporanea, che considera l’esperienza del vivere (la più soggettiva ed autobiografica, quale essa sia) il punto di partenza induttivo, personale e locale, indispensabile per intraprendere l’avventura del filosofare.
Grazie al quale, quali siano queste esperienze (gioia, dolore, mancanza, anelito verso l’infinito, giustizia, bellezza, istinto, ragione…) sempre traducibili in linguaggi umili o colti, sia possibile innalzare le capacità intellettuali, spesso silenti, che sono potenzialmente insite in ogni donna e in ogni uomo. Siamo filosofi se de-costruiamo gli oggetti più semplici o complessi per scoprire in essi quanto ci era sfuggito, per scoprire negli interstizi la meraviglia o l’orrore che non avevamo saputo ancora cogliere e analizzare.
“Prendi le cose con filosofia…” , ci viene al contrario ripetuto, dinanzi alla cattiva sorte, al male di vivere, alla voglia di reagire e di indignarci. Nulla di più anti-filosofico. Sfatiamo, insomma, questa credenza popolare e ingenua, una buona volta! Ben misera cosa sarebbe una filosofia che si ispirasse e limitasse perciò ad una sorta di rassegnazione consolatoria, accontentandosi di pochi spiccioli di buon senso. A meno che quel con non indichi un atteggiamento mentale e un modo di sentire oramai divenuto intrinseco al nostro essere.
Uno stile di pensiero, questo, che ci chiederà di venir coltivato e nutrito approfondendo via via il patrimonio filosofico dei maestri. Potremo così apprendere che tutti, se studiamo le loro biografie, furono e sono attraversati, non a caso, dall’inquietudine, dalle vicissitudini materiali, dalla tragicità dell’esistere: nonostante qualche tentativo – miserevolmente fallito da più di duemila anni a questa parte in Occidente- di darci regole, salutistiche e morali, per vivere decentemente.
Vivere per la filosofia e farsi attraversare dalla filosofia sono dunque espressioni meno ambigue della precedente.
La prima ci riconduce ad una vocazione che possiamo avvertire precocemente grazie a qualcuno che sappia iniziarci al filosofare, a frugare nelle grandi e piccole cose dell’esistenza, a non smarrire l’abitudine del porre domande così spontanee nell’infanzia; la seconda, significa porsi in ascolto, come atteggiamento quotidiano, quale sia la nostra stagione di vita e la nostra professione. Per il salubre desiderio non solo di vivere, di elevare piuttosto la mente verso stati di coscienza sempre più complessi, irriverenti, audaci. Ciò non toglie che, anche senza stimoli altrui, anche in solitudine, tali “rivelazioni” potranno da un lato orientare la nostra esistenza, dall’altro, rendere il bisogno di filosofia una sorta di necessità vitale. Come lo è l’educazione. Come possiamo, come affermo nel mio libro recente “L’educazione non è finita” (ed Raffaello Cortina), del resto oggi immaginare la nostra vita se non in continuo apprendimento?
2 commenti
Come Ado…ci ho fatto un bell’articolo:
https://www.pensando.it/wp/index.php/wordpress/pensando-it-ora-k2-compliant-istruzioni-duso
^__^
c’è piace, complimenti!
ah, è da un po che te lo volevo dire…bello come hai trasformato il blog, anche quello ce piace!